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Incontri sulla violenza di genere

Incontri sulla violenza di genere

Fare gli editori significa, in fondo, essere dei sobillatori, avere la passione per i corto circuiti…si masticano sfide con la passione per i problemi piuttosto che per le soluzioni. Potrebbe sembrare eccessivo, velleitario, in realtà vuole essere semplicemente “rivoluzionario”, perché come abbiamo dimostrato in una giornata romana in cui siamo riusciti a fare ben 3 presentazioni, si cambia solo a patto di volere andare oltre, di volere rompere gli schemi… Come Daniela Lella che non si è arresa alla sua giovane età e ha sfidato la sorte, universitaria, con una tesi sulla violenza di genere che poi è diventato questo libro “tosto” che si intitola “Voci dal silenzio”. Nel corso della presentazione alla facoltà di Scienze della comunicazione della Università pontificia, la prima in una mattinata che ti attaccava jazz e buon umore, è emersa tutta la complessità di una questione che non è fatta “semplicemente” (passatemi l’estremizzazione apparentemente poco rispettosa delle vittime) di uomini che uccidono donne…Perché è fatta di vecchie malsane abitudini di considerare le bambole un gioco da femmine e le macchine uno da maschi; le conquiste un vanto per gli uomini e una reputazione “da poco di buono” per le donne; è fatta di una mancata educazione sentimentale che non insegna il giusto modo di rapportarsi all’altra/o; è fatta di una società che ti insegna che la competizione vale più del rispetto del prossimo. La psicologa intervistata da Daniela, Chiara Gambino, ha poi ricordato come le donne spesso non denunciano perché traumatizzate, quindi non in grado di reggere la deflagrazione che provocherebbe una denuncia. Non tutti sono in grado, in ogni momento della propria vita, di esercitare la resilienza. Quindi riconsideriamo l’opportunità di lasciarsi andare ad affermazioni tautologiche tipo “Ma io non capisco come non denuncino…”.Accanto a stereotipi e a gabbie mentali, si rintraccia poi un’assenza di attenzione vera, perché le parole si svuotano di senso se non le traduci in azione, e uno Stato non può essere così distante, concretamente, dalla sua missione di cura: i centri antiviolenza vanno ampliati, sostenuti; le scuole aiutate nel dialogo pedagogico, prima che nozionistico, con i propri studenti… Troppo facile approfittare della disponibilità volontaria e volontaristica dei tanti operatori impegnati nelle reti a sostegno delle donne… I costi, dicono, sono eccessivi e non “ce la si fa”. Ma siamo disposti a pagare, in termini sociali, il costo altissimo che stiamo pagando ogni giorno in termine di morti, di rovesciamento dei valori, di spese extra tra tribunali/forze dell’ordine/operatori? Daniela lo sottolinea nel suo libro: cambiare è possibile, a patto che ogni tassello di questa complicata organizzazione sociale si rigeneri. Una rigenerazione che nel confronto può trovare una regia efficace, perché se creo strumenti per dibattere trovo la via per mettere da parte ciò che mi serve per costruire un modello che funzioni. Noi di Altrimedia edizioni ci stiamo provando, anche attraverso la pubblicazione dell’antologia fantastica Rosa sangue” (di cui abbiamo parlato nel corso della seconda presentazione romana, anzi formellese) che affronta la drammaticità del fenomeno attraverso vari registri narrativi capaci di coinvolgere e a far sentire vicini chi altrimenti sentirebbe tutto ciò troppo “pesante”. La prossimità è cosa diversa dalla vicinanza, lo sanno bene le due suore (qui mi sono scoperta io piena di pregiudizi) che ho incontrato nel corso dell’ultima presentazione e che dopo avere ringraziato Daniela per il suo libro, hanno ringraziato noi di Altrimedia per il nostro coraggio…e io ho sentito quei pregiudizi, finalmente, sgretolarsi…

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