L’ascolto sociomusicologico nel pensiero di Th. W. Adorno

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“Il nostro pensatore non parte dalla definizione di arte, infatti tale concetto «si colloca in una costellazione di momenti che muta storicamente» [TE, 5], lasciando aperta la possibilità di nuove esperienze che altrimenti si troverebbero a essere condizionate da una costante sistematica. Sarebbe pertanto un errore pensare che la sfera estetica sia «impermeabile alle influenze esterne, che l’atto della “creazione” artistica sfugga alla reificazione, ai guasti dell’industria culturale e al dirigismo dell’ideologia dominante» [Jimenez 1979, 46]. Le considerazioni estetiche «vertono essenzialmente intorno alla questione della possibilità di un’opera d’arte autonoma nel mondo presente» [Müller-Doohm, 2003, 629]. Infatti, per Adorno, come per altri intellettuali tedeschi, tra i quali Hermann Hesse, «la critica è resa possibile solo dalla tenace resistenza dell’individuo o dell’opera d’arte a qualsiasi ideologia, dominante o “rivoluzionaria”» [Zima 1976, 70]. Riprendendo il concetto di verità, in Teoria estetica il nostro pensatore sottolinea come «filosofia ed arte convergono nel contenuto di verità dell’arte: la verità progressivamente dispiegatasi dell’opera d’arte non è altra che quella del concetto filosofico» [TE, 220]. Tale convergenza è sorretta da un linguaggio che tanto per la filosofia quanto per l’arte esterna i contenuti attraverso un processo mimetico e, proprio attraverso l’esposizione linguistica, cerca di superare la separazione tra forma e contenuto, tra soggetto e oggetto [Ruschi 1990, 125]. L’arte, in quanto espressione del non concettuale riesce, meglio della dimensione filosofica che si serve invece di categorie dialettiche, a conservare l’autonomia critica e viene considerata come «atteggiamento mimetico che per la propria obbiettivazione dispone della più progredita razionalità – intesa come dominio del materiale e dei modi di procedere» [ivi, 483]. Inoltre, «essa diventa fatto sociale per via della sua contrapposizione alla società, e quella posizione la ricopre soltanto come arte autonoma. […] L’elemento asociale dell’arte è negazione determinata di una società determinata» [ivi, 376- 377]. Il fittissimo intreccio che traspare dalla fusione fra teoria critica e teoria estetica «è assicurato dalla comune convergenza verso il contenuto di verità, racchiuso ormai soltanto nello strato mimetico delle opere d’arte» [Pellegrino 2004, 71] e viene considerata cattiva «l’arte nell’epoca tecnica lì dove essa inganna sulla natura di tale epoca come rapporto sociale» [TE, 483]”.

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