Il canto delle lumache

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“Uno si sperdeva quando era diventato grande che i pantaloni se li legava con lo spago e i fondelli dietro glieli avevano cambiati chissà quante volte. Quando era uomo fatto perdeva d’occhio la riga che lo aveva fatto arrivare fino lì. Davanti a lui si apriva ora una piazza senza sbocchi, all’infuori di quello pel quale era arrivato e anche quello però si richiudeva subito. Anche se era stata piena di pantano, come se la ricordava bene allora la strada che aveva camminato nella sua giovinezza. Nel momento che quella si era richiusa, restava solo sulla piazza, una piazza con alte pareti cementate, poteva provare a camminarla tutta, ma doveva ugualmente accorgersi che non ne sarebbe mai potuto uscire; nasceva allora lì un’altra volta, sapendo di dover restare per sempre nessuno. Per tanta gente era il Casone quest’ultima piazza, un posto dove gli uomini, spesso ubriachi, pissavano sul muro, dove perfino le donne talvolta si permettevano di bestemmiare: tutte libertà dopotutto di chi non aveva niente più da perdere di prezioso. Solo il sesso là dentro era importante, così semplice e buono, e nessuno per quelle faccende si scandalizzava”.